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Periodico della Parrocchia San
Filippo Neri (Anno Pastorale 2020-2021)
Colpo d'ala
Rubrica senza vincolo di periodicità.
Funzionerà ogni volta che avremo qualche cosa di utile da dire
Proviamo a riflettere. E per farlo ci incontreremo virtualmente qui
per cercare di cogliere il senso di una breve provocazione.
Una data, un fatto, una persona, un luogo..... possono suggerirci un pensiero al quale far seguire un proposito e un comportamento.
ARCHIVIO ANNO PASTORALE 2020-2021
BUONA PASQUA, OGNI GIORNO di
GP. M. – 10 aprile 2021 |
Forse è solo una
mia errata impressione; credo però cha la Settimana Santa appena trascorsa
abbia moltiplicato –anche tramite le molte iniziative dei media- il richiamo
della nostra attenzione sul tema della morte e resurrezione di Gesù. Parlo di
Settimana Santa e non di Pasqua trascorsa perché mi sembra un modo espressivo
più preciso, essendo la Pasqua un fatto permanente, unico, immerso nel tempo
per fissare, senza soluzione di continuità, la salvezza degli uomini passati-presenti-futuri. Mi è sembrato
di cogliere –ripeto: impressione sbagliata?- un guizzo di fede le cui
motivazioni possono essere ignorate, costruite oppure distrutte da ognuno di
noi. Personalmente
posso parlare di un pensiero improvviso –strano pensiero- che mi ha portato a
ripetere mentalmente tre poesie scritte di Trilussa in tema di fede: quasi
tre epigrammi con relativo sollecito alla riflessione. Ripeto i versi de: “La Candela” Davanti ar Crocefisso
d’una Chiesa Una Candela accesa Se strugge da l’amore e da la fede. Je dà tutta la luce, tutto quanto er calore
che possiede, senza.abbadà se er foco la logra e la riduce a
poco a poco. Chi nun arde nun vive. Com’è bella La fiamma d’un amore che consuma, purché la fede resti sempre quella! Io guardo e penso:Trema la fiammella, la cera cola e lo stoppino fuma. Fede e amore
mi appaiono come proiezione verso gli altri, in modo gratuito e fino
all’annientamento personale, nella convinzione che la difesa dell’integrità
della fede è affidata alla forza dell’amore. Credo,
allora, che insieme all’immagine del Calvario -la più vera e drammatica, la
più espressiva della donazione totale- possa essere evocata quella
dell’impegno personale o del disimpegno carico di alibi e di sotterfugi. “Chi
nun arde nun vive”: resta
acqua stagnante che rifiuta ogni disturbo perché non sopporta i cerchi
concentrici che possono allargarglisi intorno. Questo ho
pensato e allora ho letto mentalmente le parole oltremodo severe
dell’Apocalisse pronunciate dall’Amen (Cristo stesso): “Così, poiché sei
tiepido, cioè né caldo né freddo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Ap 3,16). Ho parlato di
tre poesie di Trilussa; aggiungo allora al testo de “La Candela” quello delle
altre due: “La Guida” Quela Vecchietta ceca, che incontrai la notte che me spersi in mezzo ar bosco, me disse : - Se la strada nu'
la sai, te ciaccompagno io, chè la conosco. Se ciai la forza de venimme appresso, de tanto in tanto te darò una voce fino là in fonno, dove
c'è un cipresso, fino là in cima, dove c'è la Croce... - Io risposi: - Sarà... ma trovo strano che me possa guidà chi nun ce vede... - La Ceca, allora, me pijò
la mano e sospirò: - Cammina! - Era la Fede. “Fede” Credo in Dio Padre Onnipotente. Ma... - Ciai quarche dubbio? Tiettelo per
te. La Fede è bella senza li «chissà», senza li «come» e senza li «perché». |
IL PERDONO E L’OBLIO di GP. M. – 05 febbraio 2021 |
Come ogni
anno, lo scorso 27 gennaio è stato celebrato il “Giorno della memoria”, istituito nel 2005 dall’ONU per alimentare
in tutto il mondo il ricordo delle aberrazioni della Shoah. Stampa,
televisioni, mezzi di comunicazione sociale si sono impegnati nel
riproporre testimonianze –immagini e
documenti vecchi e nuovi- anche per controbattere le assurde tesi antiebraiche
che negano “l’assoluto dell’orrore” prodotto dalla shoah. Questa
recente rievocazione mi ha fatto ricordare l’enciclica che Papa Francesco ha
intitolato “Fratelli tutti” e
significativamente firmato ad Assisi lo scorso 3 ottobre. Mi sembra
interessante rileggerne insieme alcuni brani che il Papa ha inserito nel
capitolo VII, riservandoli ai temi della “memoria”
e del “perdono senza dimenticanza”. “La Shoah non
va dimenticata. E’ il simbolo di dove può arrivare la malvagità dell’uomo
quando, fomentata da false ideologie, dimentica la dignità fondamentale di
ogni persona, la quale merita rispetto assoluto qualunque sia il popolo a cui
appartiene e la religione che professa. Nel ricordarla, non posso fare a meno
di ripetere questa preghiera: Ricordati di noi nella tua misericordia. Dacci
la grazia di vergognarci di ciò che, come uomini, siamo stati capaci di fare,
di vergognarci di questa massima idolatria, di aver disprezzato e distrutto
la nostra carne, quella che tu impastasti dal fango, quella che tu vivificasti
col tuo alito di vita. Mai più, Signore, mai più”. ... “E’ facile
oggi cadere nella tentazione di voltare pagina dicendo che ormai è passato
molto tempo e che bisogna guardare avanti. No, per amor di Dio! Senza memoria
non si va avanti, non si cresce senza una memoria integra e luminosa: Abbiamo
bisogno di mantenete la fiamma della coscienza collettiva, testimoniando alle
generazioni successive l’orrore di ciò che accadde, che risveglia e conserva
in questo modo la memoria delle vittime, affinché la coscienza umana diventi
sempre più forte di fronte ad ogni volontà di dominio e di distruzione. Ne
hanno bisogno le vittime stesse -persone, gruppi sociali o nazioni- per non
cedere alla logica che porta a giustificare la rappresaglia e ogni violenza in
nome del grande male subito. Per questo,
non mi riferisco solo alla memoria degli orrori, ma anche al ricordo di
quanti, in mezzo a un contesto avvelenato e corrotto, sono stati capaci di
recuperare la dignità e con piccoli e grandi gesti hanno scelto la
solidarietà, il perdono, la fraternità. Fa molto bene fare memoria del bene.” … “Il perdono
non implica di dimenticare: Diciamo piuttosto che quando c’è qualcosa che in
nessun modo può essere negato, relativizzato o dissimulato, tuttavia possiamo
perdonare. Quando c’è qualcosa che mai dev’essere
tollerato, giustificato o scusato, tuttavia, possiamo perdonare. Quando c’è
qualcosa che per nessuna ragione dobbiamo permetterci di dimenticare,
tuttavia possiamo perdonare. Il perdono libero e sincero è una grandezza che
riflette l’immensità del perdono divino. Se il perdono è gratuito, allora si
può perdonare anche a chi stenta a pentirsi ed è incapace di chiedere
perdono.” |
“FU VERA FEDE?” di GP. M. – 29 gennaio 2021 |
Ho visto la trasmissione
televisiva della cerimonia di insediamento del nuovo Presidente degli Stati
Uniti d’America e sono rimasto colpito dai riferimenti al sentimento
religioso, particolarmente dalle ripetute invocazioni della presenza di Dio
nel percorso delle azioni umane, soprattutto se legate alle decisioni
politiche. Successivamente
mi sono imbattuto nel commento pubblicati da uno dei “canali social”,
commento carico di interpretazioni negative. Avevo forse assistito a una
manifestazione senza comprenderne il nascosto significato reale? Nessun dubbio
sulla natura della cerimonia del Campidoglio di Washington: non era certo –e
non voleva esserlo, credo- una liturgia pontificale, ma si trattava pur
sempre di un rito civile dove stavano risuonando le parole di Colui che aveva
abolito lo schiavismo e di Colui che aveva alimentato a prezzo della propria
vita il sogno della “bellissima sinfonia della fraternità” e della giustizia;
sogno che adesso veniva fatto rivivere dalle parole e dalla gestualità della
giovanissima poetessa nera Amanda Gorman. Ed era pur
sempre un luogo dove per celebrare un’investitura laica, non veniva esibita una parata di missili né
di foschi vessilli ma - almeno come messaggio esteriore - si pronunciavano
parole di invocazione all’aiuto di Dio e di speranza nella bontà degli uomini
da Lui ispirati. Parole il cui suono faceva comunque inchinare il capo a
tutti i presenti, compresi i militari della Guardia Nazionale e le glorie del
gossip spesso protagoniste di comportamenti dissacratori. D’altronde fa
parte di ogni tipo di celebrazione la possibilità che nel segreto del cuore i partecipanti
custodiscano il proposito della coerenza oppure quello di giocare al bluff;
senza escludere che, per mancanza di coraggio o per calcolo, si tradisca l’occasione di dare
testimonianza. (… dimenticando anche il duro monito biblico: Ap 3, 15-16). |
IL QUARTO DEI RE MAGI di GP. M. – 03 gennaio 2021 |
Il racconto di questa Epifania speciale –scritto
da Lia Tommasi- è l’occasione per augurarci
reciprocamente di avere la disponibile
sensibilità di fermarci davanti a Gesù nascosto in ogni persona
sofferente. ... Il quarto
dei Re Magi, che veniva dal Golfo Persico, si gettò ai piedi del Bambino e
disse esitando: “Signore, vengo separatamente dagli altri Re che ti hanno
portato doni. Avevo anch’io in regalo tre perle preziose grandi come uova di
piccione, ora non le ho più. Ero rimasto indietro e mi ero fermato in una
locanda lungo la strada a passare la notte. Quando entrai vidi un vecchio
tremante di febbre, con la barba inselvatichita; nessuno sapeva chi fosse, la
sua borsa era vuota: allora presi una perla dalla cintura e la diedi al
locandiere perché procurasse un medico per curarlo o, se morisse, una tomba
in terra benedetta. L’indomani ripresi il mio viaggio, spinsi la mia
cavalcatura il più possibile per raggiungere i tre Re. La strada
seguiva una vallata deserta dove enormi rocce si ergevano sparse tra siepi di
terebinti e ginestre gialle. All’improvviso udii grida disperate provenienti
da un vallone. Saltai giù da cavallo e trovai un gruppo di soldati che si
erano impadroniti di una donna; erano in tanti e non potei battermi con loro.
… O Signore, perdonami ancora una volta, misi mano alla cintura, presi la seconda
perla e comprai la libertà della giovane donna che mi baciò le mani e fuggì
sulle montagne con la rapidità di una gazzella. Adesso non mi
restava che una sola perla, ma almeno quella volevo portartela, Signore. Era
passato mezzogiorno; prima di sera potevo essere ai tuoi piedi: Fu allora che
vidi un villaggio al quale i soldati di Erode avevano dato fuoco ed era ormai
tutto in fiamme. I soldati stavano uccidendo i bambini dai due anni in giù.
Vicino a una casa in fiamme un enorme miliziano aveva strappato alla mamma un
bambino e lo teneva sospeso per una gamba. Signore, perdonami, presi la mia
ultima perla e la diedi al soldato e questi riconsegnò il piccolo a sua madre
che fuggì via stringendolo forte a se. Signore, ecco perché ho le mani vuote. Il Bambino
Gesù non dormiva; si girò lentamente verso il Re di Persia:
:il suo volto era raggiante. Stese le sue piccole mani verso le mani vuote e
sorrise.. |
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Questa volta Francesco,
nostro vescovo, ci ha fatto un dono. Lo scorso 8
dicembre , di buon mattino, ha deciso di rappresentarci tutti –l’onda del
virus non consente assembramenti- ai piedi di Maria Immacolata che da quasi
due secoli guarda Roma dall’alto della colonna erettale in Piazza di Spagna. E’ stato il
modo discreto per rinnovare anche quest’anno il tradizionale-festoso omaggio
mariano del popolo di Roma. Non c’è
dubbio che il pensiero del Papa abbia voluto superare i confini territoriali
capitolini per chiedere alla Vergine Maria di vegliare su quanti “nella città e nel mondo” soffrono il male
fisico e gli incubi che l’attuale
pandemia porta con se.. ed è altrettanto certo che le intenzioni della Messa
celebrata subito dopo dal Papa in Santa Maria Maggiore – ai piedi dell’icona
bizantina dedicata alla Madonna- abbiano superato lo spazio della nostra
città. Era pressoché
solo Francesco a Piazza di Spagna: aveva infatti lasciato il Vaticano senza
troppi preavvisi, felice che ad accoglierlo sarebbero stati i Vigili del
Fuoco di Roma, ai quali, da sempre, sono riservati il compito e l’onore di
salire fino al vertice della colonna
per deporre tra le braccia di Maria Immacolata la tradizionale corona di rose
bianche. Era solo
Francesco, con la pioggia a rendergli più incerto il passo in una Piazza San
Pietro deserta, che per la prima volta appariva muta e dolente, schermata da
una luce vagamente azzurra. Moriva il
giorno del 28 marzo 2020 e il Papa stava raggiungendo il sagrato della
Basilica per sostare davanti all’immagine di Maria “salute del popolo
romano”; pioggia e silenzio a fare da contrappunto a una preghiera di
liberazione dall’incubo del Covid 19: “… Da
settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle
nostre piazze, strade e città intere; si sono impadronite delle nostre vite
riempiendo tutto di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo
passaggio: si sente nell’aria, si. avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi.
… Ma da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su tutti la consolante
benedizione di Dio”. Quella sera
la preghiera del Papa .si rivolse anche al Crocifisso già invocato dai romani
durante la grande peste del 1552, eccezionalmente prelevato dalla Chiesa di
San Marcello. Chiesa che
aveva visto un’altra solitudine di Francesco lungo l’ultimo tratto di Via del
Corso nel pomeriggio del 15 marzo 2020,quando l’invasione del nuovo virus
stava raggiungendo i suoi più alti livelli. A ripensarli
oggi, nel contesto delle loro date e degli eventi che li caratterizzano,
questi tre episodi appaiono legati da un unico filo rosso: il Vescovo di
Roma, solo e a mani nude, armato soltanto di una grande fede e di desiderio
di pace, provoca la misericordia di Dio per il bene di tutti i popoli del
mondo. (Sono lontane e perdenti le figure di quei vescovi che ostentavano le
corazze e le spade medievali). |
DI TUTTI I COLORI
… di GP. M. – 28 novembre
2020 |
… ma non più
quelli degli arcobaleni distesi sui davanzali delle finestre e sulle inferiate
dei balconi per sfidare la bufera del Covid 19 nel tentativo di imporle il ritorno al
sereno; non più quelli dei disegni inventati dai bambini per dire grazie ai
protagonisti della lotta contro il virus o per fabbricare coraggio -
racchiuso nell’innocente “ce la faremo” - e distribuirlo a tutti noi e
soprattutto ai vecchi, fragili prigionieri volontari in cerca di protezione
dietro i vetri delle finestre. Non più; ora
ne accadono di tutti i colori: negli ospedali, dove i ritmi e le angosce sono
allo spasimo; nelle imprese e negli uffici, costretti a sperimentare nuove
modalità di lavoro e di distribuzione; nei luoghi di spettacolo, aggrappati
sempre più a sperimentazioni virtuali; nella scuola, in cerca di formule
didattiche suppletive più o meno valide; nelle famiglie, dove ai miracoli
dell’amore spesso si uniscono le intolleranze e gli attriti acuiti dalle
frustrazioni della segregazione casalinga e magari dalle carenze di spazi
disponibili. E non si può
non parlare del fenomeno crescente del “negazionismo” che crea disordine e
disorientamento urlando l’inesistenza del virus e denunciando un disegno
diabolico messo in atto, a livello internazionale o di singoli Stati, da non
meglio identificati “poteri forti” della politica, dell’economia, della
finanza quanto meno per controllare l’esercizio delle libertà individuali e
collettive. Disegno al
quale non sono estranei movimenti e partiti estremisti (soprattutto di
destra) e che può contare su un alleato terribilmente penetrante e
incontrollabile: la comunicazione sociale, esercitata attraverso le sempre
più nuove tecnologie di telefonia mobile di livello 5G. Ne
consegue che i principali bersagli dei
negazionisti sono quelle stesse persone che fino a ieri chiamavamo eroi e che
ora vengono accusate di far circolare a vuoto le autoambulanze a sirene
spiegate per seminare artatamente terrorismo. Si
tratta di idee che negano l’evidenza
drammatica delle oltre 50 mila persone già morte per Covid
in Italia e degli oltre 2 milioni di decessi nel mondo. E il guaio emergente
è il rischio della nostra assuefazione
e del nostro silenzio che può diventare connivenza involontaria. Penso allora
che prima di prestare attenzione – anche minima o mossa da semplice curiosità
– a chi nega l’evidenza della pandemia, abbiamo l’obbligo di ascoltare la
voce di chi per un dono del Cielo è potuto uscire dal silenzio di una stanza
di rianimazione e di chi opera per salvare la vita delle persone, combinando
bravura professionale-altruismo-sensibilità umana-senso del bene della collettività. |
Parrocchia San Filippo Neri alla Pineta
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